Caparini: "Nuovo stop, rabbia e timori ma la Lombardia si rialzerà"
Parla il "cervello economico" della giunta regionale: "Gli indicatori ci dimostrano una grande reattività"
- Il Giornale - Mer, 11/11/2020
Davide Caparini, assessore regionale al Bilancio, in questo momento così delicato qual è la situazione della Lombardia, del suo mondo produttivo e delle finanze regionali?
«È un momento estremamente delicato ma la Lombardia ha dato prova di una grandissima capacità di adattamento e reazione.
Una delle regioni più colpite del mondo, la prima in Occidente, è diventata un bacino di sperimentazione di buone pratiche contro il Covid, dal punto di vista sanitario ed economico anche. Siamo stati i primi ad affrontare questo killer e abbiamo permesso al resto del Paese di preservare il suo sistema sanitario».
E il cuore produttivo della Lombardia è ancora vivo?
«Gli indicatori del terzo trimestre hanno dimostrato che c'è stata una grandissima reattività e che il tessuto economico, per la sua struttura e flessibilità, ha avuto gli anticorpi e la capacità di rigenerarsi, tanto da generare un surplus di gettito rispetto alle previsioni, stimate al ribasso e dimostratesi sbagliate. Parliamo di circa 20 miliardi».
Seconda ondata e nuovo lockdown non ci volevano.
«Eravamo pronti dal punto di vista sanitario ma forse non psicologico. La reazione del sistema produttivo è di rabbia e impotenza, anche per scoramento e diffidenza nei confronti dello Stato, molto puntuale quando c'è da chiedere e meno puntuale quando c'è da restituire. Sicuramente un nuovo stop dopo la ripresa era ciò che molti temevano».
La Lombardia ha sempre tolto le castagne dal fuoco a tanti, e nell'ora del bisogno...
«Siamo abituati a essere il motore del Paese, continuiamo a esserlo. Certo, l'unico che può far debito è lo Stato. Inoltre, lo Stato chiude le attività e deve indennizzare. Quel che possiamo fare, lo abbiamo già programmato da aprile, contando sulle nostre risorse, unica regione a vantare un rating maggiore del Paese a cui appartiene. Nell'anno in cui abbiamo chiuso in avanzo, abbiamo investito 3,5 miliardi per sostenere la ripartenza. È l'unico modo per rimettere il turbo».
Il Piano Lombardia.
«Un piano che col prossimo bilancio passerà a 4 miliari, su vari assi. Destinati al fondo per la ripresa economica, ai Comuni alle Province per opere cantierabili. Altro investimento importante i 350 milioni con cui finanziamo la Serravalle per il completamento della Pedemontana, opera da 2,5 miliardi. Inoltre c'è il decreto per le Olimpiadi: oltre un miliardo di investimenti».
La Lombardia farà da sola?
«Contiamo di farcela con le nostre forze ma servono strumenti di flessibilità. Può sintetizzarlo con autonomia o se vuole con leale collaborazione. Dove c'è collaborazione ci sono buone pratiche. Mi pare che il Recovery fund assomigli molto al piano Lombardia».
C'è clima di collaborazione col governo ora?
«Guardi, se parlassi da imprenditore non userei toni molto diversi da quelli che ha usato qualche mese fa il collega Mattinzoli. Ma se parlo da assessore, collaborare è un dovere istituzionale. La critica la posso fare da politico».
C'è abbastanza Lombardia nel Recovery?
«Siamo lontani dalla identificazione delle opere da finanziare. Resta il fatto che devono essere già programmate e immediatamente spendibili. Difficile che ci sia una prevalenza di questo o quello. Per intenderci, se pensano di finanziare l ponte sullo stretto in 3 anni al massimo si pagano il plastico».
L'Europa ci dà una mano?
«Sono risorse a debito, nessuno regala niente a nessuno. Basta con la vulgata del regalo. Diciamo che finalmente viene smentita la posizione conservativa, e di basso profilo, dell'austerità. L'Europa può fare politiche espansive per la crescita. Ci voleva l'emergenza per riscoprirlo».
E il Mes?
«Così com'è costruito ci faceva indebitare per poi darci una quota di debito con condizionalità. Un meccanismo inefficace. Cosa diversa il Recovery fund. La critica semmai è che sta andando lungo. Comunque, le risorse saranno di chi sarà in grado di prendersele».
La Lombardia non è stata trattata bene.
«Mai vista una cosa simile. All'epicentro hanno detto: C'è stato il terremoto ed è stata colpa vostra. Smetto le vesti di assessore ora. La Lombardia ha sempre tirato la carretta lamentandosi poco e curando tutti. Ma è stata vilipesa quotidianamente e in modo strumentale; un vero sciacallaggio politico. Indegno. Anche perché l'emergenza spettava allo Stato che era impreparato e ci ha lasciati soli, a mani nude. Poi chi fa sbaglia, è umano, ma abbiamo fatto».
Anche il nuovo ospedale.
«Il colmo. Realizzato con donazioni private, per tutti, ma vituperato per polemica politica. Ora si vede purtroppo la realtà. Semmai, essendo hub nazionale, uno Stato accorto si sarebbe occupato del reclutamento del personale».
Da leghista, sente la fiducia del popolo lombardo?
«La Lega nasce come espressione dei ceti produttivi, per dar loro voce e forza. Io sono convinto che questo legame sia indissolubile, è nel dna della Lega, che è fatta di persone in carne e ossa. Questa visione liberale c'è ancora. Certo è una fase di confusione ma riguarda tutta la politica, non la Lega».